Beatrice ci conduce alla scoperta della Marrakech più colorata, più profumata e più autentica. Lasciamoci travolgere dalle sue parole e dalla poesia del Marocco.
IMPRESSIONI: LA RICERCA DEL SENTIMENTO MAROCCHINO
C’è un idea che ognuno di noi ha in testa e spesso nel cuore, quando pensa alla destinazione di un viaggio. E’ un idea basata sulle proprie esperienze, ricordi e sulle immagini stampate nella mente da un’infarinatura generale di uso e costume imparata a scuola o appresa grazie alla comunicazione (oggi spesso social, ieri vis à vis).
Ho sempre attribuito al Marocco la definizione di “catenaccio di dialogo interculturale tra l’occidente e il mondo arabo musulmano”. Ma non riuscivo a dargli una vera identità.
Io avevo la mia idea di Marocco. Era fatta di colore. Sapevo e nel contempo speravo che in Marocco avrei trovato colore, in ogni sua forma ed eleganza. Ero eccitata all’idea di tuffarmi dentro ad un barattolo di ocra, gialli, rossi, verdi e blu. Per uscirne imbrattata e felice. Perché dove c’è colore c’è felicità e dove c’è felicità c’è voglia di tornare. Oggi il mio sentimento è questo: torno a casa e cerco giorni utili per poter rivivere Marocco e portarci qualcuno, perché ne rimanga affascinato quanto la sottoscritta.
Perché affascinante è la parola che più di tutte rispecchia il sentimento che la terra marocchina lascia impresso nel cuore. Se avete voglia di godervi un implosione di colori, profumi, sensazioni e magia dovete tutti visitare Marrakech. E’ una città tanto disordinata quanto rigorosamente preziosa e geometricamente stabile, nel suo meraviglioso mondo di mercati e Suq circondati da vegetazione, villaggi, riad e palazzi ornamentali.
GUIDA ALL’USO: RIAD E DINTORNI
Marrakech è famosa per i suoi magnifici Riad, alcuni sono davvero lussuosi, altri più contenuti, ma tutti sono magici. Magici perché da fuori non riesci a renderti conto di cosa si cela dietro alle strutture di questi edifici interamente costruiti in pietra arenaria color ocra, ma una volta varcata la soglia d’ingresso riscoprire la poesia e la raffinatezza di un gusto andaluso, lascia pressoché a bocca aperta. Riad significa giardino, uno spazio costituito da tre elementi principali: acqua, verde, aria. Non sono altro che antiche dimore ad uso privato, ristrutturate e rese appunto pubbliche per divenire oggi hotel o Spa che non hanno abbandonato il gusto dell’architettura tradizionale marocchina.
Quasi tutti i giardini sono costituiti da una piccola fontana centrale che poggia su pietra o marmo, accompagnati e ornati da petali di fiori di rosa, arancio e gelsomino. Esattamente al centro della casa, contribuiscono ad inebriare di luce e meravigliosi riflessi il giorno, filtrando i raggi del sole attraverso i rami degli alberi. Altrettanto importante la loro funzione durante le calde serate estive, dove il soggiorno è reso ancor più piacevole per la frescura del vento che scivola tra le foglie di gelsomino fino ad arrivare ad inebriare le stanze e le camere da letto che si affacciano a corte attorno al perimetro. Dai balconi delle stanze riscopri un clima mite e confortevole, in qualunque momento dell’anno. Tutto è quieto e la musica leggera, proveniente sembrerebbe quasi dal cielo, accompagna attimi di relax.
Io ho alloggiato al Riad Ayadina (http://www.riadayadinamarrakech.com/), situato in Bouibat Layadi, n°35, una soluzione elegante ed accogliente, ma soprattutto tipica. Il Riad è molto confortevole anche per chi desidera rilassarsi in un weekend all’insegna del benessere e del beauty. Dispone di una splendida Spa sotterranea dove professionisti del settore cullano gli ospiti con massaggi delicati e mirati ad ogni esigenza.
Un’attenzione speciale va riservata alla magnifica terrazza di questo Riad, circondata da vasi di cactus color pastello è il ristoro ideale per la prima colazione. Le temperature tiepide delle prime luci del mattino ad Aprile offrono agli ospiti un perfetto connubio tra gusto e piacere. Iniziare la giornata baciati dal sole, gustando succo d’arancia fresco e assaporando la delicatezza del pane ai semi di finocchio appena sfornato, mi ha dato la giusta carica ed il perfetto buon umore per sentirmi finalmente a mio agio ed entusiasta del Marocco.
Trasporti inusuali ed efficaci
Premesso il fatto che, se avete tempo e nessuna fretta, il mio consiglio rimane sempre quello di viaggiare a piedi (con zaino in spalla). Perché è a piedi che si scoprono vicoli, terrazze nascoste e magiche inquadrature che rimangono calorosamente impresse nella memoria. Tuttavia c’è da sottolineare la vasta scelta di mezzi con cui spostarsi nella città.
Marrakech è una buona linea di incontro tra quasi moderno (direi così perché le macchine ricordano gli anni ottanta) e tradizioni di un tempo. Muoversi in taxi da una parte all’altra della città è molto economico. I taxi sono dei vecchi mercedes un po’ vintage, ma in buone condizioni. E poi c’è l’incanto delle carrozze trainate da cavalli. E’ abbastanza turistico un tour della città con la carrozza, ma è da provare l’esperienza di farsi trasportare, contrattando pochi spicci, per un passaggio nei vicoli della Medina dove non tutte le macchine hanno libero accesso.Attraversare la Medina a bordo di questi mezzi un po’ all’antica aiuta a sentirsi parte integrante di una cultura differente.”Bisogna sporcarsi i pantaloni di polvere…” – diceva mia nonna, “…se vuoi essere ospite cortese. Solo così gli odori e le sensazioni
tattili di una terra straniera diventano percezioni reali”. Se invece volete uscire dalla città ed addentrarvi nei villaggi berberi o alla scoperta della suggestiva valle Asni Ouirgane potete noleggiare una 4×4 e attraversare le montagne con viste mozzafiato e dissestamenti da capogiro!
Ci sono due vie per percorrere la valle e quella che ho preferito è stata certamente la più scomoda, però la consiglio vivamente perché gli incontri sono magici ed essere circondati da una natura completamente differente rispetto alle aspettative è inebriante e curioso. Voi sapevate che l’Africa può essere anche verde? Verde ed innevata addirittura. Percorrendo la strada sterrata che costeggia le montagne della valle il panorama è quello che ricorda la nostra Valtellina. Alberi verdi e folti che crescono inaspettatamente in un terreno color rosso fuoco striato d’ocra, si mescolano nella distesa fino ad arrivare a perdersi vicino al picco più alto del monte Toubkal – che con i suoi 4.165 metri vanta la nomea d’esser la vetta più imponente del’Africa Settentrionale.
CUCINA: COLORE SAPORE E RAFFINATEZZA
La gastronomia marocchina nasce dalla fusione di differenti tradizioni culinarie da cui nascono piatti molto saporiti, particolari, ma soprattutto colorati. Tutte le ricette sono provenienti dal passato, ma comunque rivisitate in chiave moderna. Non mancano mai in tavola elementi fondamentali come il pane arabo (rigorosamente fresco e spesso condito con semi di finocchio), frutta, verdura, ma anche e soprattutto spezie, erbe aromatiche e olive. Il tutto accompagnato dal tradizionale the verde marocchino, la cui preparazione è considerata un’arte. È una bevanda estremamente rinfrescante, spesso servita tiepida e accompagnato da fresche foglie di menta. Servito amaro o con lo zucchero di canna da una teiera a becco ricurvo in piccoli bicchieri di vetro decorati e colorati, è considerato un elemento fondamentale di convivialità ed accoglienza per la tradizione marocchina nei confronti dei propri ospiti.
Ho assaggiato e apprezzato tutto. Non sono una grande mangiatrice di carne, ma non potevo non provare il piatto tipico di Marrakech: la Tajina. Il nome indica il contenitore in cui vengono cotti i cibi; si tratta di una ciotola di terracotta coperta da una specie di tappo a cono. Pietanza a base di carne (di agnello) e verdure, è spesso servita ed accompagnata da spezie e profumi dolci. Zucchero a velo, cipolle caramellate e uvetta sono tocchi di tradizione che assicurano un retrogusto particolare e saporito. Anche il Cous Cous è uno dei piatti più diffusi nell’Africa settentrionale, preparato con semola di grano, viene bagnato con acqua calda e poi condito con spezie. Sempre accompagnato da verdure, carne o pesce.
La colazione tipica marocchina è costituita da pane arabo, al sesamo e al finocchio, frutta secca (datteri, fichi, uvetta, albicocche) e fresca, yogurt fatto in casa e un piatto chiamato Meloui. Una sorta di piadina ripiena di straccetti di carne, molto delicata, passata alla piastra. Può essere accompagnata da miele o marmellata. Io ho trovato eccitante mangiarla con le mani perché non è unta, non essendo condita da olio o burro. E’ un buon compromesso energetico per iniziare al meglio la giornata.
Per gli amanti della verdura ci sono invece le insalate marocchine, che solitamente vengono servite come antipasto. Realizzate con molti ingredienti dai sapori leggeri e dagli intensi profumi, come ad esempio il fiore d’arancia, sono spesso guarnite di petali di gelsomino o primule. E questo è un elemento curioso della cucina del Dar Moha (http://www.darmoha.ma/), splendido ristorante situato in Rue Dar el Bacha 81, in un vicolo della Medina, accoglie gli ospiti in un ricco giardino contornato da piante e fiori, il cui centro è decorato da una piscina intarsiata di mosaici e pietre colorate.
Il Dar Moha è conosciuto come uno dei ristoranti più raffinati del centro della città vecchia. Ho assaporato la magica cucina dello Chef Moha e conosciuto una persona brillante e solare. Energica come i piatti che cucina, tutti rigorosamente colorati. Gli antipasti della cucina di Moha sono inebrianti come il profumo della terra e leggeri come le foglie e i fiori che circondano il piacevole soggiorno all’interno del Riad. Un ottimo pollo guarnito da spezie e olive, accompagnato da un enorme pirofila di cous cous e smorzato dalla delicatezza del gelato alla vaniglia servito su un piatto di frutta fresca tagliata a pezzetti.
CONSIGLI DI PASSAGGIO: L’ESPLOSIONE DEI MERCATI E I GIARDINI MAJORELLE
Quando il sole è tiepido e le temperature miti passeggiando per la città nuova non può mancare la visita ai magici Giardini di Majorelle (http://www.jardinmajorelle.com/).
Nel caos della città è probabilmente considerata l’oasi felice dove poter raggiungere una sensazione di pace e relax prima di tuffarsi nel “vociare” della Medina di Marrakech. Frutto dell’amore per le piante del collezionista francese Jacques Majorelle e successivamente restaurati e aperti al pubblico dagli estimatori Yves Saint-Laurent e Pierre Bergè, i giardini sono uno spettacolo di pulizia e precisione. Incantata da scorci fiabeschi e giochi di riflessi, la visita è una passeggiata di circa un’ora che costeggia la villa stile liberty situata al centro del parco. Sentieri ben lastricati e ornati da vasi dai colori pastello, danno un tocco poetico al passaggio.
La sensazione è quella di varcare un mondo incantato, ombreggiato dalla frescura delle foglie e da pergolati d’edera arrampicante. Piante botaniche come cactus, banani, palme, olivi, cipressi, limoni, lauri, gelsomini e distese di bouganvillea, fanno di questa collezione una delle più famose al mondo creando uno spazio rigoglioso e perfetto. Uno specchio d’acqua, al centro del giardino, arricchito da ninfee, rane e piccole tartarughe è il fulcro del riflesso sul mondo. Il blu majorelle della villa vi si riflette al suo interno, contribuendo a creare un meraviglioso connubio tra cielo e terra ed imponendosi come un dipinto, dove l’arte islamica e la delicatezza della natura convivono in perfetta simbiosi.
Dopo tanta pace e atmosfera poetica, il momento è ideale per tuffarsi nel cuore di Marrakech con una passeggiata per la Medina. Se avete la possibilità di scegliere lasciate la visita dei Suq e della piazza per le ore del tardo pomeriggio. E’ infatti durante il tramonto che la città inizia a trasformarsi. I colori sono più caldi, le persone si preparano per l’arrivo della notte animata e l’arte culinaria è il primo gradino di una grande scala di preparativi ed iniziative atte ad allietare le carismatiche e solari personalità dei marocchini e altresì quelle dei turisti. Anima di attività commerciali, di culture e di religioni, la città vecchia è il melting pot dell’Africa del Nord.
La cosa bella della Medina è la possibilità di perdersi. E’ come camminare in un labirinto di strade animate e brulicanti di vita, il cui centro (la piazza Jāmiʿ el-Fnām), vale il tempo di permanenza.
Ed è qui che inizia il viaggio della mente.
L’atmosfera è quella di un film, sembra di sentirsi parte di un set cinematografico, circondata da un vociferare caotico di piazza, che nello stesso tempo appare come ovattato e ordinato. E’ come se le mie orecchie abbiano la capacità di carpire suoni e rumori ed il mio olfatto profumi ed odori, riuscendo a separarli per sezioni. Ogni angolo di questo pomeriggio è caratterizzato da qualcosa di diverso. Un venditore di menta fresca, che sorride mentre smista la merce sul carretto. Bambini con le mamme che corrono, donne con i veli che disinvolte scorgono il prodotto da acquistare. Spezie, pelli, fabbri e intarsiatori. Incantatori di serpenti, musicisti e tanti sguardi. Milioni di sguardi che sfrecciano veloci e lenti, curiosi e a volte attenti, precisi e persi, si mischiano con la ressa e svincolano tra i tappeti appesi alle bancarelle e l’argenteria del lato ovest dei suq. La sensazione è quella di essere circondati. Ma nessuno ti sta seguendo. Il primo impatto è quello del caos. Apparentemente sembra tutto un disordine confuso e male organizzato. Milioni di parole e lingue mischiate assieme rendono l’aria del tramonto, disinvolta e curiosa, una vera e propria storia da raccontare.
Il centro Rosa Huile (http://www.rosahuile.com/it/), è il palazzo della bellezza. Quattro piani di prodotti naturali, ricavati dalla lavorazione dell’argan, dove i turisti possono testare ed acquistare. Vi sentirete avvolti dal profumo di oli arricchiti di gelsomino ed arancia e potrete constatare con i vostri occhi e le vostre mani la qualità dei prodotti. Impossibile non farci un salto. Ci sono all’ingresso quattro donne che lavorano il nocciolo dell’Argan, ricavandone la polpa. Mi sono fermata a fotografare le mani di queste donne che sorridevano ad ogni mio scatto e pronunciavano parole di difficile comprensione in arabo. Ho chiesto alla guida cosa stessero dicendo: “La terra è più ricca di qualunque oggetto frutto dell’ingegno dell’uomo” – credo si riferissero alla mia macchina fotografica. Ho lasciato loro qualche spiccio e le ho ringraziate complimentandomi per la costanza e la precisione del loro lavoro. Sono uscita dal centro con i capelli che sapevano di Gelsomino e le mani di Rosa.
E’ invece nel cuore dei suq che ho riscoperto il piacere del mercato. Un dedalo di viuzze coperte da assi di legno e canne di bambù atte a proteggere dalle temperature incandescenti dell’estate filtrano i raggi del sole determinando una sorta di pioggia di luce eterea che si riflette sui marciapiedi. Il passaggio è suggestivo, incantevole e pittoresco. La definizione del vocabolo è a dir poco evocatrice. Suq significa “grande disordine”, eppure una volta messo piede in questi mercati che costeggiano sinuosi la piazza di Jāmiʿ el-Fnām, il primo impatto parrebbe esattamente il contrario. C’è una sorta di catena commerciale organizzata e ben distribuita su tutto il territorio adiacente il grande spazio che offre la piazza della città. Pellami, ferro, legno, gioielli, alimenti e oggettistica, tutto rigorosamente esposto alla luce e accatastato come se non avesse mai fine. Probabilmente il nostro occhio occidentale non è così attento ed osservatore, ma per capirne l’essenza e la grande strategia bisogna soffermarsi un attimo ad osservare. I suq erano dimora di scambi verbali, ancora prima di divenire commerciali. Vi si parlava di economia, politica e storia. Si sorseggiava the alla menta e vi si masticavano datteri e frutta secca di ogni genere.
Oggi vi si contano più di quaranta mila artigiani marocchini dal sapere e tradizione secolare. Il primo approccio è quello dell’osservazione. L’osservazione accurata di ogni dettaglio attorno a me, mi rende ricca ed appagata. Esco dalla piazza indietreggiando e scorgendo ancora qualche personaggio che trasmette colore ed energia. Tutto attorno a me è racconto, un racconto meraviglioso, con la sensazione dei profumi che rimangono sui capelli e sugli abiti. Un set cinematografico pronto all’uso in cui le luci non vengono mai spente.
D’obbligo un passaggio al Bahia Palace, uno splendido palazzo del diciassettesimo secolo situato nel cuore della città vecchia. Esteso su un’area di circa otto ettari, è composto da numerose stanze e dimore tutte minuziosamente decorate con mosaici, legno e marmo. A nord del palazzo c’è il Museo Dar Si Said, costituito da soffitti minuziosamente decorati e porte di legno antiche è interamente dedicato all’artigianato marocchino. Una passeggiata di dieci minuti conduce alle Tombe Saadiane. Mausoleo della dinastia Sadiana di Marrakech, sono ricoperte da arabeschi e iscrizioni coraniche e quasi interamente costruite in marmo di Carrara. C’è una sorta di aurea di rispetto nell’aria, nonostante i visitatori siano numerosi, tutte le guide parlano in silenzio e si intuisce quanto questi spazi siano magici dal punto di vista religioso ed etico. Gli scorci sono un via vai di ombre e luci che tagliano geometricamente i raggi del sole creando spazi di vuoti e pieni tra gli esterni e gli interni delle tombe.
INCONTRI: BAMBINI
E’ difficile fotografare le persone. I marocchini, come del resto quasi tutti gli africani, considerano la propria anima sacra. Se scatti loro una fotografia gli rubi l’anima. Solo i bambini sono meno gelosi della propria spiritualità, oppure non ancora totalmente accorti. Viaggiamo su una 4×4 verso la valle Asni Ouirgane e ci fermiamo a prendere dell’acqua in un piccolo chiosco adiacente la strada sterrata che segue le montagne e costeggia i villaggi berberi.
C’è questa meravigliosa bambina che evoca sorrisi e colore. Mi strappa qualche sguardo curioso nei confronti dell’obiettivo della macchina fotografica e le regalo un lecca lecca. Si chiama Rabiaa. Ho dovuto segnare il nome sulll’agenda una volta salutata, perché è difficile ricordarsi qualcosa di così semplice quando lo stupore di un incontro di sguardi è capace di portarti in una dimensione più eterea del contesto in cui ti trovi. Quando sono rientrata in macchina ha continuato a salutare i suoi ospiti, seduta vicino alla madre, come se dovesse augurarci un arrivederci e non un addio.
Crescerà bella come la giovane mamma, e porterà i colori negli occhi di quella terra fatta di natura ed energia che ha la fortuna di calpestare. La saluto con altrettanti sorrisi e proseguo la strada alla ricerca di altra magia. Incontro altri bambini lungo la via, tutti ci corrono incontro inondandoci di spensieratezza e sorrisi e chiedendo a volte acqua a volte caramelle. Sono affascinati dalla macchina fotografica e intimoriti dal mio entusiasmo nell’osservarli.
IN VALIGIA: MACCHINA FOTOGRAFICA E FOULARD
Una macchina fotografica, sempre, e un foulard. Perché ogni tanto la sera si solleva una brezza leggera. E perché in un modo o nell’altro bisogna riuscire a rincasare con un ricordo ancorato ad un immagine, per poterla condividere e suggerire a tutti un viaggio nella magica e colorata Marrakech. E perché quando sei in mezzo alla folla tutto ti sembra irreale e riuscire a catturare un emozione è più appagante di un tour di shopping nell’affollata Jāmiʿ el-Fnām.
MUSICA MAROCCHINA
Ascoltare musica marocchina? Mai fatto prima di questo viaggio. Sembra banale, certo, ma è la verità. Mio padre è un collezionista di musica etnica e del mondo. Amante delle note, mi ha sempre suggerito essere la miglior forma di comunicazione ancora prima delle parole. Credo abbia sempre avuto ragione. Pensavo alla musica del Marocco come un susseguirsi di acuti noiosi e semplicemente ripetitivi. Rientro canticchiando note (arabo) andaluse, rilassanti ed evocative, come se qualcosa nel mio cuore sia scattato e abbia ricevuto la risposta alle mie domande. Perché tutti questi musicisti nelle piazze? Perché musica in ogni riad? Perché intrattenimenti sonori durante le cene nei ristoranti? Perché la musica mette felicità. Perché ci si sente parte integrante di una tradizione e in qualche modo più vicini a colori di pelle differenti. Perché si impara tanto, a volte tutto, anche da una canzone. Una in particolare che non dimentico: Inas Inas (di Mohamed Rouicha) Vien voglia di ballare. E tutto sembra più bello. In Marocco in realtà lo è.
Viaggiate, tornate e raccontate. Fate si che la vostra storia acquisti più valore se condivisa ed apprezzata. Perché se nessuno racconta non saremmo in grado di rivalutare gli stereotipi. E soprattutto non saremmo in grado di ricordare.
Beatrice Quadri for #thetravelover e IlTurista.info.