“Siamo così piccoli davanti all’immensità del Creato, eppure ognuno di noi è una voce che canta la sua canzone…” (C.Haddad)
IMPRESSIONI: LA BELLEZZA E’ UNA COSA OGGETTIVA
Pecol di Zoldo, ore 08:00 del mattino, mi sveglio avvolta nel fresco abbraccio del Monte Civetta, “El Zuita” in dialetto (3220 m) e del Pelmo, Caregon de’l Padreterno Il trono del Padreterno (3168 m) che sembrano quasi vegliare su questa valle. Non c’è tanta neve, ma i pochi fiocchi caduti hanno disegnato il paesaggio rendendolo, se possibile, ancora più bello. La debole luce del mattino si fa largo fra le montagne e inizia a risvegliare le case man mano che sfiora i tetti addobbati con i loro camini fumanti, mentre le rocce dolomitiche si scaldano irradiate dall’alba.
L’area del Civetta d’inverno si trasforma e lascia spazio ad 80 km di piste che fanno parte del Circuito Dolomiti Superski. Divertimento e brividi che si prolungano da mattina a sera con le piste di Pecol illuminate anche la notte. Senza contare il giro sciistico della Grande Guerra: un’esperienza unica, con 82 km che serpeggiano nel comprensorio del Civetta sulle tracce di quello che fu teatro della Prima Guerra Mondiale.
Detto questo non stupisce certamente che le Dolomiti il 26 Giugno 2009 siano state dichiarate Patrimonio Unesco, mentre stupisce che proprio nel Bellunese si trovi la maggior parte delle vette dolomitiche dichiarate come tali: Marmolada, Tofane, Antelao, Pelmo, Civetta, Pale di San Lucano, Schiara e le Tre Cime di Lavaredo. Giganti buoni sotto i quali ci si sente piccoli piccoli… Cito questa frase di C.Haddad che ho trovato riportata sulla parete di un rifugio e che sembra cadere a pennello: “Siamo così piccoli davanti all’immensità del Creato, eppure ognuno di noi è una voce che canta la sua canzone…”
Non sono d’accordo con chi dice che il brutto o il bello sono soggettivi, qui fra le dolomiti bellunesi la bellezza è una cosa oggettiva. E forse solo ora che ho ammirato queste montagne da vicino capisco che il Pelmo, il trono del Padreterno, sará stato certamente di utilitá al Creatore. Tanto che una volta finito tutto questo capolavoro, me lo immagino seduto sul suo trono proprio lassù, stanco ma soddisfatto, a contemplare le sue vette che si perdono nell’orizzonte.
INCONTRI: GIOVANNI E LE MASCHERE DI FORNESIGHE
Ci sono persone che ti rimangono impresse per come sono o per quello che dicono, altre per quello che fanno e in particolare per come lo fanno: appassionatamente.È il caso di Giovanni Giacomel che mi ha accompagnato a scoprire la bella realtà del borgo di Fornesighe (Forno di Zoldo) con i suoi tabià (tradizionali case in legno tipiche del bellunese) ma soprattutto le maschere in legno, veri capolavori artigianali e interessante scoperta che impegna i suoi abitanti di generazione in generazione. In pratica non si tratta altro che di belle maschere di Carnevale, rigorosamente in legno, che vengono preparate ogni anno per l’occasione al fine di concorrere per il primo premio.
Peccato non essere passati di qui a pochi giorni dal Carnevale, Giovanni mi confessa infatti che poco prima della grande festa, passeggiando fra i vicoli di Fornesighe, é possibile sentire decine di scalpellate uscire direttamente da case e laboratori, proprio come quello di Giovanni. É qui che incontro Mattia, 15 anni, suo figlio, intento nella realizzazione della maschera per il concorso di quest’anno. Giovane, dico io, ma non sapevo che fosse giá un esperto intagliatore da quasi 10 anni!
Da queste parti si dice: “Fatta la gabbia, morto l’uccello.” Certo non si può dire di queste belle maschere, che vengono realizzate in quattro e quattro otto da queste mani più o meno esperte, mentre ben si adatta ai tabiá, per i quali si richiedevano anche 60-70 anni di lavoro! Intanto in bocca al lupo a tutti i partecipanti al concorso… Carnevale é vicino.
Per scoprirne di più sul concorso di quest’anno: http://www.dolomiti.it/it/ bellunese/forno-di-zoldo/ eventi/carnevale-di-forno-di- zoldo-la-gnaga/
IN CUCINA: IL GELATO ZOLDANO
Non si può dire di conoscere Zoldo senza aver prima affondato il cucchiaino in un bel piatto di spaghetti-gelato. Sì, avete capito bene: spaghetti-gelato, perché qui il gelato (alla vaniglia) si serve sotto forma di vermicelli e si condisce con un bel sugo di fragole, lamponi o frutta di stagione e granella di cioccolato bianco. Ma comunque venga servito questo gelato è da sempre conosciuto soprattutto per la bravura dei maestri gelatieri zoldani che hanno esportato le loro macchine e i loro dolci capolavori anche all’estero, in particolare in Germania.
Giovanni Giacomel, anche lui gelatiere espatriato nel territorio tedesco, mi ha fatto notare che fino agli anni ’60 Fornesighe, tanto per citare un esempio, contava poco più di 1000 abitanti, ora solo 300. “Sono andati quasi tutti in Austria e Germania portando con sé la loro maestria nel fare il gelato e lá sono rimasti”. È tanto di moda parlare di “fuga di cervelli”, mentre qui si dovrebbe parlare di “fuga di gelatieri” mi par di capire e la cosa mi stupisce non poco…
A dire il vero, non so che ci facciano tutti questi gelatieri al fresco delle Dolomiti, anche perché dopo una giornata passata fuori all'”addiaccio” verrebbe in mente tutto (cioccolata calda, vin brulé), fuorché un gelato, ma sapete che vi dico? Che è così buono che ci sta.
GUIDA ALL’USO: ZAPPING FRA I RIFUGI
Non vorrei essere monotona ma, se non si fosse capito, per me scoprire una localitá, vuol dire “assaggiarla” e viverla. E qui entrano in gioco i rifugi. In montagna, cosa meglio dei rifugi può offrire ristoro, calore, gusto della tradizione? Allora ecco gli indirizzi per me da segnare in agenda.
Ci sono mille modi per festeggiare un Capodanno: cenone con amici, festa per strada, fuga verso una meta calda e tropicale. Quest’anno, quasi per caso, mi sono imbattuta nell’accogliente atmosfera del Ristoro Belvedere, 2080 m (http://www.ristorobelvedere. it), il nome un programma. Uno dei cenoni più coinvolgenti e indimenticabili della mia vita. Ottimi piatti, rivisitati con maestria e fantasia, utilizzando solo e soltanto ingredienti locali. Non solo: straordinaria l’accoglienza di Michela e della sua famiglia che riescono a combinare servizio eccellente, tradizione e amore per il territorio. Unica la vista sul Civetta e sul Pelmo da quassù. Fosse anche solo per questo, varrebbe la pena salire fin qui, che sia anche solo per un panino con pastin, formaggio e cipolla! Per un ottimo pranzo io scelgo il Ristoro Belvedere.
Rifugio Pian del Crep (1765 m), conosciuto da tutti perché ottimo self service e simpatico chiosco all’esterno, gestito da Mc Bepi, “colorito” personaggio locale che si diletta nello sfornare incredibili panini in stile fast food, ma conosciuto anche per la posizione fortemente strategica. Pochi sanno tuttavia che questo rifugio, tanto animato e affollato di giorno, la sera si svuota per lasciare spazio ad un ottimo ristorantino dove, a far da padrone di casa c’é Alberto (figlio del Bepi), gentile, disponibile e sempre sorridente. E qui la sera, si inizia a far sul serio… Piatti con speck, eccellenti casunziei, polenta, formaggio, pastin, nonché il piatto del giorno: tortelloni con lardo sciolto.
Il vero piatto forte? Il menú, scritto su una lavagna e trasportato tavolo dopo tavolo da Alberto, che ironizza: “Avete visto il mio Ipad?”
Il Rifugio Bruto Carestiato (1834 m) http://www. rifugiocarestiato.com offre qualcosa di unico e insostituibile, non foss’altro per la sua posizione, un balcone sulle Dolomiti, ai piedi della spettacolare Cima Moiazza (2878 m). Tanto che Diego Favero, gestore del rifugio e alpinista di grande esperienza, si é innamorato di questo piccolo angolo di paradiso e da anni lo gestisce con passione assieme a tutta la sua numerosa famiglia. Non solo calore e ristoro, ma anche accoglienza in comode camerette dotate di letti a castello e per lo piú affacciate su albe e tramonti di rara bellezza. Se amate anche voi il contatto con la natura, qui potrete immergervi direttamente nella cornice delle Dolomiti Agordine, abbandonando macchine e comoditá e incamminandovi per un’oretta dal passo Duran. Buona passeggiata!
IN VALIGIA: VOGLIA D’AVVENTURA E UN PO’ DI PAZIENZA
Ho paura che qualsiasi indicazione sia superflua in questo caso, perché quando si tratta di montagna, soprattutto d’inverno, sci, scarponi, ciaspole e quanto altro in vostro possesso, sono sempre indispensabili e scontate, se si vuole andare a caccia di avventura. Ciò che invece é meno scontata è la pazienza, indispensabile quando si vive a contatto con la natura. Che ci sia poca o tanta neve, che ci sia il sole splendente o un grigio cielo coperto, la montagna bisogna viverla, adattando i nostri programmi, rivedendo i nostri piani, attrezzandoci adeguatamente all’occorrenza. Qui il tempo ha lo stesso valore della luce che determina la fine del giorno e l’inizio della notte, cadenzando le nostre giornate. Qui il tempo va preso per mano e da lui bisogna farsi guidare…
LIBRI E FILM: UN TEMA CALDO AL FREDDO
Acuto e a volte fin troppo pungente, Mauro Corona, scrittore ma anche alpinista e scultore, dipinge nelle sue opere, come pochi altri, gli aspetti più salienti della montagna e delle problematiche ad essa legate. Se chiudo gli occhi ora non posso non pensare a “La voce degli uomini freddi” (Mondadori, 2013), sarà perché da me letto recentemente, sará perché regalato da una persona speciale, ma anche perché tocca la tematica dell’eccessivo sfruttamento del territorio da parte dell’uomo. Un tema caldo, nonostante il freddo titolo, e a me caro.
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