Lo Yala National Park e la sua fauna più bella colorano questa pagina dei miei appunti di viaggio e ci regalano un nuovo volto dello Sri Lanka. Ogni giorno nel parco è buono per nuovi incontri e per vivere un’esperienza fuori dal comune. E se nel continente africano si parla di “Mal d’Africa”, qui si potrebbe parlare di “Mal di Sri Lanka”.
IMPRESSIONI: UNO ZOO SCONFINATO
Una pozza d’acqua. Basta una semplice pozza d’acqua, per assistere allo spettacolo della natura che ogni giorno si ripete nello Yala National Park. 1268kmq di parco e 6 mesi che non si vede una goccia di pioggia. Gli animali e la natura chiedono pietà. E’ un giorno come un altro qui e la variegata fauna che popola il parco ha un solo obiettivo: la lotta per la sopravvivenza. Sopravvivenza qui allo Yala significa acqua e anche qui vige “la legge del più forte”. La nostra guida ci comunica subito: “Dal prossimo mese (settembre), il parco resterà chiuso perché gli animali sono troppo assetati e possono risultare molto aggressivi”. “Andiamo bene” penso io… E in un paese in cui già elefanti e pavoni attraversano la strada quasi come fossero dei pedoni, figuriamoci cosa si possa trovare in un parco come questo. Inutile dire che quello dello Yala è come un mondo parallelo, una sorta di savana trasferita in Sri Lanka, più boscosa e terribilmente arida, non fosse per quelle poche pozze che, è proprio il caso di dirlo, la popolano. Quando si prenota un viaggio in Sri Lanka si sognano piantagioni, spiagge incontaminate, templi e brulicanti villaggi in un mix dal sapore speziato, ma non si immagina di trovare uno sconfinato zoo, paradiso per gli animali più selvaggi e bizzarri.
Prime fra tutte, sfacciate e incuranti, sono sempre le scimmie, qui è possibile incontrare il presbite dalla barba bianca (che ho scoperto chiamarsi anche presbite dalla faccia viola), una specie simpatica e diffusissima in tutto il paese. Segue il cervo pomellato, simile ad un daino, ma che con la sua inconfondibile livrea a macchie bianche, non passa certo inosservato. Agile ed elegante allo stesso tempo si muove in gruppo e velocemente sfila via. Poi arriva il tempo dei “big five”.
Premettendo che in Sri Lanka i “big five” non sono gli stessi che in Africa, nella lista si devono annoverare: l’elefante, la balenottera azzurra, l’orso, il coccodrillo e il bufalo. Inutile dire che i coccodrilli trovano proprio attorno a queste pozze d’acqua il loro habitat ideale, ma qui allo Yala è possibile incontrare tutte le altre specie sopra nominate, fatta esclusione per la balenottera azzurra ovviamente e a dire il vero io ho ancora qualche dubbio sull’orso (che tutti mi assicurano esista davvero qui). Ditemi quindi voi se non sembra di trovarsi in un immenso zoo. Mi sono ovviamente lasciato per ultimo quello che è il vero protagonista qui nello Yala e che altrimenti avrebbe rubato la scena agli altri (vedi sotto). Unica nota dolente del parco: è vero quello che si dice, che è un po’ turistico e spesso sovraffollato, ma del resto cosa non lo è? Io vengo da una città (Firenze) in cui i turisti si muovono a fiumi, con in testa una guida con l’ombrellino in mano, manco fosse Mosè. Quindi, non posso dire niente. Del resto, quando una cosa è bella è bella e, come in questo caso, oramai si è sparsa la voce…
INCONTRI: IL RE DELLA FORESTA, IL LEOPARDO
Se in Africa il re della foresta è, indiscutibilmente il leone, qui in Sri Lanka è senz’altro il leopardo. Questo gattone sinuoso e maculato si muove furtivamente nella foresta. È agile e guardingo e osserva dall’alto dei rami delle acacie, gli spostamenti degli altri inquilini del suo regno, compresi noi turisti. Certo che il mondo è strano, non dovevo essere venuta qua io per osservare lui? È lui infatti la vera ragione per essere qui e volevo avere l’onore di far la sua conoscenza. Della serie: “Salve Sig. leopardo, sono Michela Garosi, una travel blogger italiana. Mi concede un’intervista?” Mmmm, forse non sarebbe andata proprio così, ma almeno speravo vivamente in un incontro ravvicinato, invece… Del primo giorno di safari intenso (12 ore filate dall’alba al tramonto), del leopardo neanche una traccia. O meglio, giusto un’impronta nella terra riarsa e niente di più. Incontro tuttavia vari turisti affaccendati con le macchine fotografiche in mano sulle loro jeep. Chiedo delucidazioni: “Scusate, avete per caso incontrato un leopardo?” La risposta era sempre la stessa:“Certo che sì, ci ha persino attraversato la strada…” Ma che storia è questa? Si nasconde da me? Se non altro comunque avevo una conferma: il leopardo allo Yala N.P. esiste eccome. Del resto avevo letto ovunque che nel primo blocco del parco erano presenti circa 30 esemplari (la più alta concentrazione a livello mondiale per kmq) e mi chiedevo proprio dove fossero finiti. Non mi perdo d’animo quindi, rientro alla base e il giorno dopo, nonostante sia sempre una torrida giornata, io sono di nuovo lì.
Tutto è pronto per il tanto atteso incontro, armata di fotocamera, acqua e tanta pazienza, mi sono accaparrata un posto in prima fila (proprio davanti alla pozza d’acqua). Il pomeriggio scorre lento e assisto al solito spettacolo della natura in un via vai incessante di animali di tutti i tipi e di tutte le taglie e scopro che anche per venire a dissetarsi questi seguono un preciso ordine e gerarchia. Sono le 18:00 al parco e inizia a calar la luce, mentre aumenta la mia attesa. Le prime luci della sera, calde e avvolgenti, cercano di farsi largo fra i rami degli alberi e, quasi fosse un miraggio, finalmente appare anche lui, annunciato dall’acutissimo grido di un cervo pomellato. Ci mancavano solo le trombe! Guardingo, ma allo stesso tempo fiero, il re della foresta dello Yala fa il suo ingresso trionfale. Ci sono volute 18 ore di safari per il suo incontro, ma io, dentro di me, non ho mai perso la speranza. I nostri sguardi si incrociano per un momento e per me, potrebbe anche bastare così. Lui beve, si guarda intorno per accertarsi che non ci siano elefanti o bufali, e poi riscompare nel fitto della foresta in silenzio, così come è nel suo stile, poco prima che la notte spenga le luci del giorno.
CUCINA: JOGURT AL CALDO
Quando si visita un paese tropicale o giù di lì si è estremamente attenti a tutte le norme igienico-sanitarie per il cibo, l’acqua e non solo, tanto che spesso si finisce anche per non bere invitantissimi frullati di frutta fresca, solo perchè serviti col ghiaccio. Quando si parla di “curd” dimenticatevi tutto questo. La regione che circonda lo Yala, come altre aree rurali di questo paese, offre infatti un ottimo jogurt di bufala servito in caratteristiche ciotole di terracotta, il famoso curd appunto. Qui non ci sono frigoriferi e questo jogurt è lasciato bellamente all’aria. Se non ve lo serviranno in uno dei punti di ristoro della regione, cercatevi di procurarvi una ciotola anche a bordo strada o comunque in uno dei caratteristici mercati locali. Non lasciatevi sopraffare dalla sua punta acidula, smorzate sempre il sapore, come fanno qui, versandoci sopra un abbondante quantitativo di melassa! La ricetta da riproporre: in Italia non ci sarà lo jogurt di bufala e magari neanche la melassa. Ma quanti ottimi latticini popolano i nostri scaffali? Io a casa ripropongo sempre un buon jogurt intero con del miele millefiori o del succo d’acero (facilmente reperibile in tutti i supermercati). Un ottimo dessert, veloce da preparare, che può sempre essere arricchito a piacimento con biscotti tritati o frutta secca per renderlo ancora più completo e… Sostanzioso!
GUIDA ALL’USO: DOVE ALLOGGIARE
Premettiamo che non è il posto più vicino all’ingresso est del parco dello Yala (si impiega circa un’ora di macchina per arrivare), ma il Tree Tops Jungle Lodge (http://www.treetopsjunglelodge.com) a parer mio è quello che ci vuole per vivere appieno quest’esperienza circondati dalla natura più selvaggia. Intorno al lodge infatti passeggiano indisturbati e numerosi gli elefanti e non sarà difficile avvistarli direttamente dalle vostre tende. Il lodge è di proprietà di Lars, un danese che, di una passione viscerale per lo Sri Lanka e i suoi abitanti, ha fatto una ragione di vita. Purtroppo io non ho avuto modo di conoscerlo, ma in compenso ho incontrato il suo braccio destro e sinistro: Kumal e Kamara che hanno fatto di tutto per accontentare le mie esigenze: contemplare l’alba in una delle case sull’albero nelle vicinanze, cucinare piatti da me specificamente richiesti, insomma mi hanno fatto sentire come a casa. Punto forte del lodge, oltre alla disponibilità di chi lo gestisce è, la capanna all’interno della quale vengono serviti i pasti e che è possibile sfruttare anche come sala lettura, grazie alla sua veranda affacciata sulla savana circostante.
Paradossalmente, la mancanza di servizi essenziali come l’elettricità e la luce (cellulari e attrezzatura in genere si può caricare in un’abitazione nelle vicinanze), sono, a mio avviso, un altro punto forte della struttura (certo meglio saperlo prima). Che cieli stellati che ho ammirato. Che pace lontana dai rumori della tecnologia. La cosa più bella della tenda all’interno di un parco come questo? Essere svegliati nel cuore della notte dai richiami della natura, non per una notifica del cellulare. L’altro pezzo forte del lodge infine è il fatto di poter ospitare solo poche persone, quindi non troverete mai la folla, anzi. Gli ospiti sono sempre pochi e discreti e talvolta vi sembrerà che il lodge esista solo a vostro appannaggio. Se state organizzando un viaggio di gruppo e siete più di 8 persone tuttavia questa il Tree Tops Jungle Lodge non potrà andare bene in quanto le tende a disposizione sono in tutto 4 e ognuna di queste offre un “riparo” per 2 persone e intorno a questa struttura non esistono sistemazioni alternative di alcun genere. Infine: rivolgetevi alla struttura stessa per organizzare il vostro safari nello Yala, hanno le competenze, i mezzi e il personale giusto per garantirvi un’esperienza indimenticabile (certo il prezzo non è proprio modico, ma vale la spesa ed è un tutto compreso). E dato che ci siete, richiedete anche di organizzarvi il pranzo sul mare come ho fatto io, sarà il modo per conoscere un altro volto di questo incredibile posto che è lo Yala.
IN VALIGIA: UN BINOCOLO E UN TELEOBIETTIVO
Non vi venga mai in mente di partire per un safari senza un binocolo o senza una bella fotocamera con tanto di teleobiettivo. In un paese come questo non si può contare sull’improvvisazione: “Tanto magari compro qualcosa lì”. Impossibile. In un contesto come questo è già difficile trovare un bagno figuriamoci l’attrezzatura. Muniti di “fucili” sarà facile immortalare, o almeno scorgere, gli animali che popolano questi paesaggi selvaggi e non sempre a portata di macchina fotografica. Per il resto il consiglio è quello di sempre quando ci si muove in un paese esotico: un buon spray antizanzara, che qui sembrano proliferare nonostante la scarsità d’acqua e come fanno lo sanno solo loro…
LIBRI E FILM: CONOSCIAMO GLI ANIMALI
Prima di intraprendere un viaggio esotico e tanto più prima di avventurarsi in un safari, consiglio a tutti di farsi un po’ di cultura zoologica. Sarà perché io ho letto molto e guardato ancor più documentari di ogni genere sulle specie animali, che ora posso dire di saperne abbastanza e questo mi permette di godermi ancor più lo spettacolo. Non servono trattati di zoologia, basta quasi una sorta di dizionario, anche per ragazzi e un po’ di pazienza nel mettersi lì e scandagliarlo. “Il grande dizionario illustrato degli animali” di Emanuela Busà ad esempio potrebbe andare benissimo. Il linguaggio è semplice, le schede per ogni animale sono schematiche, ma soprattutto è ricco di belle immagini. Ottimo anche a livello di rapporto qualità/prezzo.